Quarto Tempo a Ferrara, il presidente Abete: «Confrontiamoci per il bene del calcio»
Giancarlo Abete, presidente della Lega nazionale dilettanti al format organizzato dalla Federazione: «Nella città estense parleremo tra di noi, con le altre componenti e le istituzioni. Il movimento dilettantistico sta bene e sa esaltare le proprie peculiarità»
Giancarlo Abete sarà un po’ il padrone di casa del Quarto Tempo, la manifestazione che da oggi a sabato farà convergere sulla Fiera di Ferrara tutto il mondo del calcio della Lega Nazionale Dilettanti e del settore giovanile e scolastico della Federazione.
Presidente, perché la scelta di Ferrara? «C’è innanzitutto da ringraziare il comitato regionale, la Regione e la città per l’accoglienza. Non sono certo io a dover esaltare l’efficienza dell’Emilia Romagna che abbiamo già testato e apprezzato in altre occasioni. Ferrara dimostra sempre grande ospitalità e ha grande tradizione calcistica; quando abbiamo scelto di venire magari pensavamo di trovare la squadra della città in un’altra categoria ma la cosa bella dello sport è che quando si cade poi si riparte e questo è l’auspicio».
Con quale spirito nasce Quarto Tempo? «Dobbiamo partire da qualche dato numerico che può dare l’idea del movimento nazionale: 1,1 milioni di tesserati, 11mila società e 570mila partite da organizzare ogni weekend. Su di noi fanno riferimento la Lega nazionale dilettanti ma anche il settore giovanile e scolastico e quindi abbiamo il dovere di provare a coniugare un mondo così diverso. Certo, abbiamo una regia unica e una strategia che può essere applicata da nord a sud ma la nostra Italia è anche assai diversa per peculiarità, caratteristiche, abitudini. La nostra idea è quindi di essere un centro unitario che però va a valorizzare le specificità. La possibilità di chiamare a Ferrara tutti i Consigli direttivi dei venti comitati regionali ci dà proprio questa opportunità: far crescere la consapevolezza che si può lavorare insieme in modo unitario, ma anche allargare la visione d’insieme perché attraverso il dialogo e lo scambio di idee si amplia il nostro mondo e le sue caratteristiche».
Lei parla di peculiarità e in effetti la Lega Nazionale tiene insieme tantissime anime, penso ad esempio alla serie D e la Terza Categoria. «È proprio questo il tema: noi facciamo calcio giocato e agonistico ma rimaniamo con una forte anima sociale. Il valore aggiunto è la comunità di persone che fidelizziamo e valorizziamo ogni giorno, in allenamenti e partite. Non siamo una copia dei professionisti, noi siamo altro. A Ferrara parleremo di alimentazione in un momento in cui l’obesità tra i giovani è un problema mondiale e anche di educazione stradale perché troppi ragazzi perdono la vita negli incidenti. Esce la nostra parte di comunità che va anche oltre il calcio e il risultato».
Se dovesse individuare una parola chiave per questi giorni a Ferrara quale sceglierebbe? «Confronto. Lo facciamo tra noi dirigenti, lo faremo con le altre componenti federali, consapevoli che noi siamo la base del movimento ma che serve sempre dialogare e non a caso abbiamo attivato i protocolli con Allenatori e Calciatori. Ricordo che con la riforma dello Sport abbiamo attivato 45mila contratti di lavoro, i professionisti ne hanno 8mila... E per ultimo ma non ultimo per valore, il confronto con le istituzioni a partire dal ministro Andrea Abodi che sarà con noi».
Ecco, la Riforma dello Sport, il famoso decreto 36/2021 come viene visto dal mondo dei Dilettanti? «Io guarderei la questione da un altro punto di vista: finché i dirigenti delle società si sentiranno parte di qualcosa allora saranno anche disposti a fare alcuni sacrifici come il decreto 36 porta a fare. È però importante renderli partecipi anche dei problemi, senza dimenticarli o facendo finta che non vi siano. Con il ministro Abodi sarà necessario dialogare in previsione di un’ormai imminente scadenza: il quinquennio che comporta il contenimento dei costi per le società sportive dilettantistiche. È importante che non vi sia un’accelerazione altrimenti andremo in una direzione opposta a quella che si sta intraprendendo».
Detto in modo molto franco: come sta il calcio dilettantistico italiano? «Il bicchiere è sempre mezzo pieno e non mezzo vuoto. Nel periodo post Covid siamo cresciuti, nonostante sia sempre più difficile fare gioco di squadra anche per questioni sociali e mi riferisco al calo delle nascite, allo spopolamento e anche alle difficoltà economiche di certe zone dell’Italia. Io noto grande dinamismo, pensiamo ad esempio a come la Terza, ossia la categoria che maggiormente incarna la passione e lo spirito dell’amante del calcio, abbia aumentato i numeri. Mi piace inoltre che altri sport stiano crescendo, trainati dai grandi successi di Sinner o della Nazionale di volley, ma mi sento di dire che noi stiamo dignitosamente bene. Siamo consapevoli dei problemi, ma siamo soddisfatti, non possiamo essere tranquilli ma è importante che la nostra base sappia che li affrontiamo senza frenesia. Ne parleremo al Quarto Tempo».
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