A Ferrara è nata una stella, Caniato: «Voglio uno Slam»
Il ventenne Carlo Alberto sta scalando posizioni nella classifica Atp. L’intervista dopo la vittoria della Coppa Davis da sesto uomo
Ferrara Città di santi (alcuni, come Contardo d’Este, Maurelio vescovo di Voghenza, la beata Beatrice II d’Este), poeti (alcuni tra i più importanti, su tutti l’Ariosto e il Tasso) e... tennisti. Grandi interpreti anche in passato a Ferrara, come ad esempio Giulia Casoni, ma non c’è mai stato un successo di caratura internazionale: tra le nuove promesse della racchetta italiana, invece, si parla ferrarese. Carlo Alberto Caniato, classe 2005, talento emergente del panorama nazionale, ha vissuto nelle ultime settimane l’esperienza più significativa della sua giovane carriera: la convocazione in Nazionale e la vittoria della Coppa Davis, un trionfo storico che ha travolto di emozione un intero Paese.
Coppa Davis
Abbiamo incontrato “Litos” nella due giorni di allenamento con l’amico, maestro e mentore Ferdinando “Nando” De Luca sui campi in terra battuta del nuovissimo centro sportivo Zeta Club di viale Po. A Bologna Caniato è stato riserva, domani chissà: «Quando mi hanno chiamato – racconta – è stata un’emozione unica. Ero in Portogallo per un torneo e ricevere quella telefonata è stato davvero incredibile». Al suo arrivo in squadra, Caniato ha trovato un ambiente accogliente, quasi familiare: «Mi hanno fatto sentire parte del gruppo sin da subito. È un’esperienza che mi servirà tantissimo per il futuro della mia carriera».
Dentro la squadra Cobolli, Berrettini e l’insegnamento dei grandi: «Ero in spogliatoio con loro, vivevo i loro ritmi a 360 gradi. Ho visto come preparano i match, come strutturano le giornate. Sono tutti gentilissimi». Tra i compagni, appunto, anche Flavio Cobolli, uno dei volti nuovi dell’Italia del tennis, vicino al nostro Caniato come età e motivo di esempio per continuare: «Sono tutti simpaticissimi, Flavio incluso, e mi hanno fatto sentire parte della squadra». Grande sintonia anche con Filippo Volandri, il capitano non giocatore della squadra italiana di Davis: «È una bravissima persona, piena di passione. Tre Davis vinte da capitano parlano da sole. Mi ha fatto vivere un’esperienza che porterò sempre con me».
Caniato ha avuto modo di conoscere anche Jannik Sinner: «L’ho incontrato a maggio a Roma. Non abbiamo avuto modo di conoscerci bene come con gli altri, però è un ragazzo eccezionale. Tutti me ne parlavano benissimo. Lui e Alcaraz? Sono le più grandi ispirazioni per noi giovani, per come lavorano e per l’attitudine che mettono in ogni allenamento».
Slam e radici
Per Caniato il 2026 sarà l’anno del salto di qualità: «Uno dei miei obiettivi principali sarà la prima qualificazione a uno Slam. Servirà una classifica intorno ai 200-240, e sto lavorando per arrivarci. Voglio qualificarmi al mio primo Slam, è il sogno che mi porto dietro da sempre».
La famiglia, papà Riccardo tennista di livello e figlio a suo volta di tennisti, una dinastia in pratica, e il maestro Nando fondamentale per la crescita del ragazzo. Nonostante la giovane carriera internazionale, Caniato non dimentica Ferrara e chi lo ha accompagnato negli anni più importanti dell’infanzia sportiva: «Mio papà mi ha sempre sostenuto, senza pressarmi. Ogni volta che può, viene a vedermi, a Bologna mi è stato vicino». E poi c’è Nando, uno dei primi maestri: «Mi ha cresciuto da quando avevo 5 anni. Quando torno, mi dà sempre disponibilità per allenarmi. Ho fatto tanta strada con lui e gli devo moltissimo».
Ora una settimana di meritata sosta nella sua Ferrara: «Si viaggia tanto facendo il tennista», sorride. E quando scherzano sul futuro a Monte Carlo, risponde con maturità: «È ancora un po’ presto».
Ferrara lo osserva crescere con orgoglio. La sua ascesa è appena iniziata, ma l’impressione è chiara: Carlo Alberto Caniato è uno di quei nomi destinati a rimanere. E questa Davis, per lui e per tutta la città, è solo il primo capitolo di una storia che promette molto. Intanto, l’altra sera alla cena sociale, il circolo Marfisa, presieduto dallo zio Umberto e dove ha impugnato per la prima volta la racchetta, gli ha reso omaggio, nominandolo socio onorario.
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